Come si quantifica il risarcimento danni: qualche esempio

Come si quantifica il risarcimento danni? E’ la classica domanda da un milione di dollari. E’ una domanda cui vorrebbe trovare risposta il danneggiato, chi ricorre in giudizio, come minimo per farsi un’idea di quanto gli spetta e riuscire a contestualizzare le cifre eventualmente offerte dalla controparte.

Ovviamente, rispondere è molto complesso, soprattutto per i profani. Senza contare che, entro certi limiti, le cifre sono appannaggio dei giudici, che esercitano un certa discrezionalità nelle decisioni, secondo le possibilità stabilite dalla legge.

Vale la pena approfondire la questione e parlare del più importante strumento per i contenziosi di questo tipo: le tabelle risarcimento danni.

Le differenze tra le varie tipologie di danno

Prima di parlare delle stime è bene inquadrare la questione del risarcimento danni, magari chiarendo quali sono le tipologie di danno risarcibile. Almeno su questo punto, la giurisprudenza è molto chiara.

  • Danno biologico. E’ probabilmente la tipologia di danno più semplice da comprendere e, come vedremo più avanti, da quantificare. Un danno è biologico quando coinvolge la salute fisica e mentale, causando la comparsa o il peggioramento di vere e proprie patologie. Una frattura ossea è un danno biologico ma lo è anche l’insorgenza di depressione patologica.
  • Danno morale. E’ una fattispecie particolare, che indica una sofferenza di tipo psicologico ma al di fuori del concetto di patologia. In buona sostanza, è danno morale tutto ciò che causa preoccupazione, tristezza, ansia, rabbia e quindi profondo disagio, ma non è ascrivibile come “malattia”. E’ la tipologia di danno più complessa da quantificare, in quanto rischia di essere confinata nella sfera della soggettività.
  • Danno patrimoniale. E’ il classico danno economico, che può essere facilmente dimostrato ma spesso non può essere oggetto di stime precise.
  • Danno punitivo. E’ una tipologia di danno particolare, causato dall’ente preposto alla tutela nel momento in cui non rispetta i suoi obblighi. L’assicurazione che non si cura del sinistro e quindi di fatto costringe il cliente ad adire personalmente alle vie legali genera un danno punitivo.

Uno strumento utile

Dunque, esiste un metodo per quantificare oggettivamente l’entità del risarcimento danni? La risposta è… Sì e no.

Per la maggior parte dei “danni” si fa riferimento alla giurisprudenza, ovvero alle sentenze passate in giudicato e che trattano casi simili. Ovviamente, le sentenze d’appello hanno un valore maggiore delle sentenze di primo grado, mentre quelle della Cassazione hanno addirittura valore di legge.

C’è però un caso in cui il danno può essere quantificato più o meno oggettivamente. Ovvero, quando il danno è biologico. Lo strumento d’elezione è rappresentato dalla Tabelle di Milano, ovvero un documento abbastanza approfondito con cui la Corte di Cassazione ha posto paletti, indicato cifre per molte casistiche.

Il meccanismo di base è molto semplice e si basa sui punti di invalidità. In buona sostanza, le tabelle schematizzano i risarcimento sulla scorta di due criteri: punti di invalidità generati dall’atto dannoso e l’età della vittima. Ovviamente, il risarcimento è direttamente proporzionale ai punti di invalidità generati e inversamente proporzionale all’età.

Consultare le tabelle di Milano è molto semplice. E’ sufficiente incrociare il valore corrispondente all’età della vittima e ai punti di invalidità.

Le Tabelle di Milano, ormai in vigore dal lontano, hanno impresso una evoluzione importante ai contenziosi per il risarcimento del danno, uniformando i giudizi e conferendo maggiore sostanza (anche etica) alle sentenze.

Tra l’altro, si comprende perché le Tabelle di Milano siano valide solo per i danni biologici. Solo questi ultimi, infatti, causano un aumento della percentuale di invalidità, visto che coinvolgono in maniera “patologica” la salute del corpo e della mente.